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La dottrina del piacere – Capitolo I: La casa


01.05.2025 |
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"Con due dita veloci trovò il proprio punto, il clitoride duro come pietra, e lo tormentò con piccoli cerchi lenti e letali..."
«Certe donne si consumano lentamente, senza lasciare traccia. Altre vivono per accendere una luce nell’oscurità dell’essere. E tu?»Giulia si voltò di scatto, sorpresa da quella voce bassa, vellutata, che sembrava nascere direttamente dal velluto scuro del salone. Davanti a lei stava una donna alta, con la pelle chiara e i capelli color argento raccolti in uno chignon imperfetto. Il suo sguardo grigio-perla era come una lente d’ingrandimento puntata sull’anima di Giulia.
La donna le tese una mano sottile, guantata di pelle nera.
«Leonora Valès,» disse. E poi, con un mezzo sorriso: «Ma chi mi conosce davvero mi chiama Velis.»
Giulia Montesi aveva 29 anni, un volto da madonna fiamminga e mani da artigiana. Restaurava affreschi e reliquie, ma da anni aveva la sensazione che fosse la sua stessa vita a necessitare di restauro. Quella sera, alla mostra in quel palazzo semivuoto di Venezia, non stava cercando nulla. E per questo, forse, trovò Velis.
Dopo la mostra, Velis la invitò nella sua villa sul lago: Giulia, attratta e intimorita, accettò l'invito, ignara di ciò che l'aspettava.
Poche ore dopo, le ruote dell’auto affondavano nella ghiaia di una strada privata, avvolta dalla nebbia e dal silenzio. La villa si stagliava davanti a loro come un’architettura del desiderio: vetri opachi, travi scure, un giardino invaso da glicini e ombre.
All'interno, la villa era un tempio di sensualità e arte. Velis guidò Giulia attraverso stanze adornate da opere d'arte provocanti, fino a una camera da letto illuminata da candele tremolanti.
La tensione tra le due donne era palpabile. Velis si avvicinò a Giulia, sfiorandole il viso con dita esperte, e la baciò con passione. Le mani di Velis esplorarono il corpo di Giulia, accendendo ogni nervo con tocchi sapienti. Giulia, inizialmente esitante, si abbandonò al piacere, lasciandosi guidare dall'esperienza della sua mentore.
Velis le baciò le labbra come se stesse assaporando un frutto proibito. La sua mano accarezzava lentamente il ventre nudo di Giulia, scendendo sempre più giù, sfiorando il monte di Venere con dita pazienti.
«Stai già tremando per me?» sussurrò.
Giulia ansimò: «Sì… non so cosa mi stai facendo, ma… voglio imparare tutto.»
Velis sorrise. «Allora apri le gambe. E ascolta il tuo corpo.»
Giulia obbedì. Le cosce si spalancarono, umide, esposte. Velis si inginocchiò tra esse come una sacerdotessa, e con la lingua le aprì la figa. Lentamente, con movimenti alternati, con una precisione che rasentava la crudeltà.
Leccava con movimenti morbidi, ma decisi. Risaliva il clitoride e lo schiacciava con la lingua piatta, poi lo risucchiava tra le labbra come un frutto maturo.
Giulia si contorceva.
«Ti prego, non fermarti… ti supplico…»
Velis sollevò lo sguardo: «Le allieve educate non supplicano. Implorano con il corpo.»
E tornò a lavorarla con una tale intensità da farle perdere ogni coordinata.
Velis la leccò fino a quando il corpo di Giulia si contrasse in un’onda devastante. Un getto caldo la colpì sul mento: uno squirt violento, improvviso, che bagnò le lenzuola e le cosce.
«Brava. Così si viene per la prima volta davvero.»
Giulia ansimava, rossa in volto, incredula. «Non… non sapevo si potesse…»
«Hai appena iniziato.»
Le prese le gambe, la girò. Il corpo di Giulia seguiva ogni comando, flessibile e impaziente. Si trovarono in una posizione a forbice: le cosce tese, le fighe che si strofinavano, calde e scivolose.
Il rumore dei corpi che s’incontravano era viscerale, animale.
Velis prese il controllo, strusciando con forza.
«Senti com'è sporco e bello quando le nostre fottute labbra si cercano? Figa su figa!»
Giulia annuiva, senza parole. La sua voce era spezzata, solo un flusso di gemiti rotti.
Velis le prese il seno tra le dita e glielo strinse con dolce cattiveria. I capezzoli di Giulia erano duri e lunghi come chiodi e le dita di Velis sembravano volerli staccare, tanto era la foga con cui le sue sapienti mani tormentavano le tette della sua giovane amante.
«Stringimi. Toccati. Fai uscire tutto quello che hai dentro.»
Le loro carni si schiaffeggiavano, umide, tese. Vennero quasi insieme, il corpo di Giulia tremava come posseduto.
Quando Velis si alzò e tornò col cinturone di cuoio, Giulia la guardò con occhi pieni di luce e timore.
«Vuoi davvero che ti scopi come meriti?»
«Sì… voglio tutto. Voglio essere la tua troietta!»
Velis indossò lo strap-on. Si avvicinò e la fece inginocchiare.
«Prendilo in bocca. Le brave allieve imparano da qui.»
Giulia prese l’estremità finta tra le labbra, succhiandola come se fosse viva. Velis le teneva la testa con fermezza.
Poi la fece distendere, le gambe sollevate. Con un colpo preciso la penetrò, piano all’inizio, poi più forte.
«Dillo…»
«Scopami, Velis… scopami forte… riempimi, insegnami…»
Velis affondò, lenta e profonda. Ogni spinta era un’affermazione. Un possesso.
La penetrazione fu lenta, ma decisa. Velis la prese con autorità, baciandole il collo, pizzicandole i capezzoli, cavalcandola con grazia e potenza. Giulia urlò, venne di nuovo, e poi ancora, stremata, sazia e confusa.
Quando tutto si spense, e il silenzio si fece denso, Giulia crollò esausta, sudata, bagnata, le cosce ancora aperte, il sorriso appagato; si addormentò tra lenzuola inzuppate e profumo di sesso.
Velis la guardò dormire. Il corpo di Giulia era una tela aperta, ancora umida, le gambe abbandonate, la bocca socchiusa in un sospiro senza fine. La visione la colpì come un dardo lento e implacabile. Si sedette accanto a lei, le dita che scivolavano tra le proprie cosce con una lentezza studiata, il respiro controllato.
Chiuse gli occhi solo un istante, poi li riaprì fissando il pube liscio e stillante di Giulia. Con due dita veloci trovò il proprio punto, il clitoride duro come pietra, e lo tormentò con piccoli cerchi lenti e letali. Il piacere montava come una marea, lento e spietato.
«Così… così ti voglio. Così ti avrò… tutta.»
Mormorò a denti stretti, mentre il corpo si irrigidiva. Le dita affondarono più in basso, e bastarono pochi colpi precisi per spingerla oltre il bordo: venne con un gemito soffocato, le anche contratte, uno squirt potente che inzuppò il lenzuolo già madido di piaceri mescolati.
Rimase lì, nuda, il petto che ancora tremava, prima di alzarsi, silenziosa. Il suo corpo argenteo e teso si mosse con naturalezza felina. Sfiorò un libro sulla libreria. Un clic. Una porzione di parete si aprì.
All'interno della stanza segreta, tra scaffali pieni di vecchi dossier e fotografie, Velis prese un fascicolo. Sul frontespizio, a lettere stampate:
GIULIA MONTESI – Classificato – PRIORITÀ NERA
Sorrise, chiuse il dossier.
E sussurrò nel buio: «Finalmente.»
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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